Il Palazzo

Il palazzo, costruito nel 1500 circa, su progetto di Pietro Isabello (≈ 1484 – 1549) ristrutturato nel 1700

Conosciuto come “casa Alborghetti” venne acquistato da Vittorio Polli nell’anno 1960 per adibirlo a residenza principale sua e di sua moglie, Anna Maria Stoppani. 

Nell’anno 1962, su progetto dell’Architetto Sandro Angelini, fu sottoposto ad un recupero che ne valorizzò le caratteristiche uniche, come l’essere appoggiato direttamente sulla roccia di Città Alta, rendendolo nel contempo abitabile nello stato in cui rimase fino alla scomparsa dei proprietari.

La fronte è di quattro piani fuori terra;

al terreno si trova una fontana sotto un grande archivolto in pietra, cui fa riscontro, verso sinistra, l’androne. Da questo si passa al cortile, pensile (almeno, rispetto alla strada), mediante una inconsueta scala a Z; merita sottolineare che tale conquista dello spazio del cortile, provenendo dal basso, è già in sé stimolante. ma (una volta giunti alla quota di questo) non si stenta a riconoscerlo quale uno fra i migliori della nutrita serie di cortili rinascimentali che possiede la città.
[Giacomo C. Bascapè e Carlo Perogalli, 1964, Banco Ambrosiano, Palazzi Privati di Lombardia]

Nell’anno 2009, la signora Anna Maria Stoppani contestualmente alla costituzione della Fondazione stabilì che alla sua scomparsa l’edificio fosse destinato a sede della stessa.

La Fondazione ha disposto nell’anno 2016 l’inizio dei lavori di recupero dell’immobile, affidandolo a Carlo Teruzzi, membro dell’ICOM (International Council of Museums). Recupero che ha richiesto oltre un anno e mezzo di tempo per riportare la struttura nelle condizioni di poter assolvere alle finalità della Fondazione.

Il Restauro

Il restauro ha preso avvio dalla ricerca della storia del palazzo, mediante un’indagine iconografica presso il Catasto, gli Uffici Tecnici Comunali e la Bibliografia.

La Fondazione ha poi deciso che il restauro dovesse conservare le condizioni di utilizzo degli spazi nel massimo rispetto di quelli originariamente decisi dai Fondatori, per la cui realizzazione è risultata preziosa la collaborazione del nipote Francesco Gavazzeni, che ha vissuto con loro.

Il restauro si è occupato, oltre che dell’immobile anche degli arredi lignei, degli imbottiti, degli arazzi, dei dipinti e degli oggetti di proprietà dei Fondatori, utilizzando le migliori tecniche ed ove possibile gli artigiani che ne avevano curato la costruzione o la manutenzione per conto loro.

Il restauro, pur utilizzando i materiali che la moderna tecnica offre per garantire la durata nel tempo degli stessi e delle strutture del palazzo, ha operato scelte che consentissero il mantenimento dell’originale aspetto estetico, in un’ottica più conservativa che ricostruttiva.

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